Lungo il cammino di Jules Verne incontriamo un personaggio incredibile: Gaspard-Félix Tournachon. Conosciuto con il soprannome di Nadar, quest’uomo poliedrico fu un caricaturista, uno scrittore, un inventore e uno straordinario fotografo, nonché una delle figure più influenti di Parigi di quegli anni.
Curioso, geniale e estroverso, Nadar entrò in contatto con moltissime figure importanti di quell’epoca a Parigi per i quali realizzò dei ritratti fotografici che sono ormai diventati iconici. Fu infatti uno dei primi fotografi a realizzare dei ritratti che non solo fossero tecnicamente perfetti, ma che rivelassero anche qualcosa dell’intimo della persona.
Tra i suoi ritratti più noti c’è anche quello del nostro Jules Verne, amico di Nadar e che condivideva con lui la grandissima passione per il volo, le macchine volanti e, in particolar modo, i palloni aerostatici.
Nadar e Parigi dall’alto
Rivoluzionarie furono le prime foto dall’alto che Nadar realizzò di Parigi. Stretto nell’angusto spazio del cesto di un pallone, Nadar dovette faticare a lungo prima di riuscire a realizzare una foto nitida che lo soddisfacesse. Per esempio dovette prima scoprire che era l’idrogeno che in ascesa fuoriusciva dal pallone a rovinare le sue lastre e a comprometterne lo sviluppo.
Ma i palloni aerostatici presentavano anche altri problemi: stabilità, maneggevolezza e sicurezza. Fu così che Nadar decise che era arrivato il momento di creare qualcosa di diverso. Per dare nuovo slancio alla progettazione di aeromobili, fondò La Società per l’incoraggiamento della navigazione aerea con macchine più pesanti dell’aria. Lui ne era il presidente e Jules Verne il segretario e insieme condivisero il loro entusiasmo sulla rivista specializzata L’Aeronaute. Sembrerà strano ma all’epoca la sola idea che qualcosa di più pesante dell’aria potesse volare era per i più semplicemente aberrante.
La società realizzò numerosi prototipi, tra i quali quello per un elicottero, ma fu presto evidente che quello che serviva erano i fondi per la ricerca e la realizzazione delle macchine. A Nadar venne allora in mente l’idea di realizzare un pallone di dimensioni straordinarie che potesse pubblicizzare la loro impresa e attirare l’interesse del pubblico.
Fu così che Verne e Nadar si ispirarono reciprocamente. Mentre lo scrittore pubblicava Cinque settimane in pallone in cui immaginava un viaggio attraverso l’Africa in una gigantesca mongolfiera, l’amico fotografo diede vita a un’impresa straordinaria.
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Nadar e il suo gigante
E’ nel 1863 che nasce Il Gigante. Il pallone più grande al mondo: alto 60 metri e con un involucro di seta di 19.000 metri, cucito in un mese da 200 donne.
La cabina del pallone viene così descritta da Donald Dale Jackson nel suo libro:
“Era un cottage volante. Realizzato in vimini, alto due piani con balcone sul tetto, conteneva sei scomparti: due cabine, una tipografia, un ufficio fotografico, un gabinetto e un ripostiglio. La mongolfiera effettuò due ascese da Parigi nell’ottobre del 1863, attirando la più grande folla mai vista ad un evento aeronautico dallo storico volo di Jacques Charles 80 anni prima.”
Il numerosissimo pubblicò restò, però, un po’ deluso da un pallone che ci metteva effettivamente ore a gonfiarsi e anche i voli non furono mai dei successi.
Il primo volo terminò molto rapidamente con un notevole schianto al suolo che lasciò scossi i 12 passeggeri. Il secondo volo, che contava tra i passeggeri Napoleone III e il re della Grecia, invece si svolse piacevolmente per 400 miglia. All’alba, però, per paura che il sole troppo brillante facesse esplodere il pallone, Nadar si vide costretto a discendere bruscamente senza più riuscire a innalzarsi. Trascinata da forti venti di terra, la cabina di vimini rotolò e rimbalzò attraverso alture e boschi, rischiando di essere investita da un treno, per poi arenarsi bruscamente contro un albero all’esplosione del pallone.
Ma nonostante i poco promettenti risultati, la passione di Nadar per i palloni non si esaurì mai, rischiando anche di mandarlo sul lastrico. A essa il suo amico Jules Verne rese omaggio creando una versione romanzata del fotografo, Michael “Ardan”, che nel romanzo di fantascienza Dalla Terra alla Luna (1865) è uno degli astronauti che avrebbero “portato nello spazio tutte le risorse dell’arte, della scienza e dell’industria”.
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