Vi sarà capitato di vedere spesso il ritratto delle tre sorelle Bronte dipinto dal fratello Branwell. E’ conservato a Londra nella Portait Gallery e uno spazio al centro del quadro c’è una sagoma più chiara, lì dove l’autore aveva ritratto se stesso, salvo poi cambiare idea e rimuoversi dal disegno.
Un’immagine che sembra essere un cupo presagio e che così bene rappresenta quella che fu la sorte del giovane Bronte che morì nel 1848 a 31 anni oppiomane, alcolizzato e consumato dalla tubercolosi.
Molto si è detto su di lui ed è facile trovare pareri diametralmente opposti sulla sua figura. C’è chi lo ha dipinto come un eroe tragico e romantico. Chi come un’egoista, debole e dannato.
Aveva davvero le potenzialità di un grande scrittore, di un grande pittore o di un poeta, spezzate solo sa una fragilità di carattere e da una morte prematura? O è stato solo un patetico fallito?
Difficile capirlo da quel poco che ci resta di lui. Soprattutto considerato che che sappiamo sulla sua vita ci è stato riportato indirettamente.
Fu probabilmente proprio la sua privilegiata posizione all’interno della famiglia Bronte e della società a fregare Branwell. Adorato dal padre e dalla zia, ammirato da chiunque lo conoscesse, Branwell, come figlio maschio, aveva davanti a sé molte di quelle libertà e possibilità che le sue sorelle femmine potevano solo sognare. Ma anche altrettante pesanti aspettative. Avrebbe potuto scrivere, ma non ci si dedicò con impegno; avrebbe potuto studiare all’accademia di pittura, ma la leggenda narra che si bevette tutti i soldi che gli erano stati dati per iscriversi. Non riuscì mai a tenersi un lavoro e finì al centro di uno scandalo amoroso dal quale non si riprese più.
Branwell Bronte e lo scandalo amoroso
Avendo lavorato come tutore del figlio del reverendo Edmund Robinson, la sua posizione era stata terminata senza troppe cerimonie e Branwell era dovuto tornare a casa in fretta e furia. E’ lo stesso Branwell a raccontare ai suoi amici che si era infatuato della moglie del reverendo e che lei stessa lo ricambiava pienamente. Branwell coltivò a lungo questa impossibile passione nella fervente attesa che Edmund Robinson, gravemente malato, morisse lasciandogli campo libero. Ma tutte le sue speranze vennero deluse quando la giovane vedova non ci pensò due volte a risposarsi con un uomo dal patrimonio ben fornito. La delusione fu troppo grande da sopportare e leggenda vuole che quando morì portava ancora con se le lettere spiegazzate della sua amata.
Sia lui che le sorelle avevano condiviso insieme quei primi viaggi di immaginazione sfolgorante, quelle prime avventure letterarie che sarebbero poi maturate nei capolavori che conosciamo bene.
Forse per Branwell, proprio la libertà di poter fare quello che desiderava e tutte le aspettative riposte su di lui, furono la causa della sua rovina. Di contrasto una vita anonima, opprimente e senza via d’uscita spinse invece Charlotte, Emily e Anne Bronte a trovare nella scrittura, quasi segreta e clandestina, l’unico luogo in cui potevano veramente essere se stesse.
Nella cornice un autoritratto di Branwell.
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