Questo piccolo blog è diventato per me una fonte infinita di scoperte. E’ tutta un’esclamazione “MA TU PENSA!!” o “OH WOW!”. Cosa che mette in luce la mia abissale ignoranza, ma che mi riempie anche di piacevolissima sorpresa.
Per esempio avevo sentito molto parlare di caccia alla balena e olio di balena, ma non avevo mai riflettuto davvero sull’impatto che questi avevano avuto sul commercio e lo sviluppo dell’occidente (e anche dell’oriente).
Risale al 1712 l’uccisione del primo capodoglio a Nuntucket, ma fin dagli albori dell’umanità si erano cacciate le balene per la carne e il grasso. All’inizio venivano avvistate dalla riva e cacciate con gli arpioni da piccole barche; poi si iniziò ad attrezzare dei veri e propri vascelli per inseguirle. Fu a metà del 1700 che furono montati i primi forni di raffinazione su una nave (il grasso di balena va fatto bollire per ottenerne l’olio) e nel 1789 la prima baleniera doppiava Capo Horn per raggiungere nuovi territori di caccia.
Se nel 1700 erano stati gli olandesi e gli inglesi i più grandi cacciatori, con l’uccisione di gran parte delle balene nell’Atlantico toccò agli americani spingersi sempre più lontano.
Solo nel diciannovesimo secolo vennero uccise 236,000 balene, portando alcune specie vicine all’estinzione ed ironicamente fu la trivellazione del primo pozzo di petrolio nel 1858 a salvarle.
Le più cacciate erano le balene franche e ovviamente i capodogli. Una balena franca poteva produrre fino a 25 tonnellate di olio, ma era il capodoglio ad essere il più ricercato.
Dalla sua testa infatti si poteva estrarre lo spermaceti, una sostanza collosa che si ritiene venga usata dal Capodoglio per stabilizzarlo nelle salite e discese oceaniche. Lo spermaceti si trova infatti in forma liquida alla temperatura di 37°, ma tende a solidificarsi a temperature più basse e questo anche all’interno del corpo della capodoglio.
L’olio prodotto dalle balene era utilizzato nei modi più svariati: per trattare le stoffe e il cordame, per il riscaldamento degli edifici, per la fabbricazione del sapone e, grazie alla sua finezza, per lubrificare i primi macchinari industriali.
Ma l’uso principale dell’olio di balena era quello di lampade e candele.
Lo spermaceti, in particolare, bruciava senza odore e fumo e produceva la luce più forte. E non dobbiamo considerare solo le lampade usate per illuminare le case, ma anche i lampioni delle strade delle città. Non sorprende quindi che New Bedford, uno dei principali porti americani della caccia alle balene, fu definitia la città che illumina il mondo.
A metà del 1800, un vascello come il Pequod, era da considerarsi una vera e propria fabbrica galleggiante. Ogni volta che una balena veniva uccisa, il suo corpo veniva issato sulle fiancate della nave, fatto a strisce dai marinai e messo a cuocere nelle fornaci per estrarne l’olio. L’olio veniva poi raccolto in barili e stivato. Dalla fortuna della caccia dipendeva la permanenza in mare della nave che a volte poteva durare fino a quattro anni.
“Il baleniere era una sorta di pirata-minatore… uno scavatore di olio oceanico che riforniva la fornace della Rivoluzione Industriale almeno quanto gli uomini che estraevano il carbone dalla terra.” Scrive Philip Hoare in La Balena.
Ma non solo il grasso delle balene era ricercato: l’osso di balena è infatti da considerarsi la plastica del 1700 e di gran parte del 1800.
Il termine “ossa di balena” è effettivamente scorretto se si considera che la parte utilizzata erano i fanoni, delle lamine ossee presenti nella bocca della balena franca che l’animale usa per filtrare l’acqua e trattenere il plancton. I fanoni sono molto flessibili ed elastici e potevano essere usati per bustini e colletti rigidi, frustini, ombrelli o anche per le molle delle prime macchine da scrivere.
I denti del capodoglio potevano sostituire l’avorio, essendo più a buon mercato, e venivano usati per modellare, per esempio, i pezzi degli scacchi o i tasti bianchi del pianoforte.
E la margarina?
“La margarina cosa?” direte voi. Quando l’olio di balena perse interesse commerciale a causa dell’avvento del petrolio, fu dirottato verso l’impresa alimentare. Fino agli anni ’50 molta margarina conteneva ancora grasso di balena.
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